Monthly Archives: November 2006

lucide allucinazioni

risveglio appena prima di pranzo, con strane immagini stampate in testa. non mi capita spesso di sognare in modo così dettagliato e ricordarmi, quando apro gli occhi, così chiare le figure.
quasi quasi, un po' per scaramanzia, lo racconto questo sogno.
tutto inizia quando una mia amica, che frequenta altri posti, decide di venire a mangiare come me una pizza in uno squat. appena arrivate, e già non mi ricordo più l'ambientazione, c'è un tipo -su cui non sto a dilungarmi- che la prende, l'abbraccia e se la slingua, lì davanti a me. ed io ne rimango malissimo, anche se di ragioni per esserne gelosa non ne avrei, dal momento che il tipo è fidanzato. dopo un po' viene da me e si scusa tantissimo e io gli dico che non importa che faccia quello che vuole, mentre in realtà rodo dalla gelosia. comunque dopo un po', iniziamo a baciarci, ma non riesco a sentirgli la lingua, sembra che non ce l'abbia! senza che la cosa ci turbi particolarmente, iniziamo a cercare un posto dove stare, per poter continuare. a questo punto si introducono immagini contorte, di un posto senza porte ne' muri, solo con tende, vestiti appesi a dividere le stanze, intricate, le une dentro le altre, con gente che dorme in sacchi a pelo in ogni dove, anche le scale sono a pioli e collegano soppalchi non ben definiti, il tutto molto colorato. proviamo a stenderci (sempre baciandoci, toccandoci etc) su un giaciglio, ma dopo poco si scopre già occupato, in un altro c'è un bambino che guarda e la zia gli dice di smetterla, dovunque c'è sempre qualcuno. una simil stanza delimitata da un soffitto di stoffa molto basso sembra andar bene perchè, chi c'è sta dormendo. è buio, ma ad un certo punto qualcuno accende la luce e io dico di spegnerla perchè mi vergogno se c'è gente con la luce accesa. poi tira fuori un preservativo usato (non usato, usato, solo infilato e sfilato) e gli chiedo perchè (non perchè lo abbia preso, ma perchè non sia nuovo!), mi risponde di non preoccuparmi. ma (ah!), lo sta infilando su un salame di turgia, perchè non ha il cazzo (anche se prima mi era sembrato di fargli una sega e che fosse venuto!!)!! io ci rimango malissimo e penso di scappare via. a questo punto, un attimo di vuoto temporale, mi ricordo solo che sono tutti in allarme per l'arrivo di un personaggio cattivo, uno yeti con una felpa ed il cappuccio enorme, scappiamo tutti attraverso l'intrico di scale, soppalchi, tende etc, lanciandogli delle cose. ad un certo punto, prendo un tombino e glielo lancio come se fosse un fresbee! poi, non mi ricordo più bene come, ma se ne va, ed allora, una ragazza che conosco ma con cui non parlo molto, mi avverte che c'è un suo compagno che fa chimica (e lei fa architettura…boh) che sarebbe interessato a me, anche se mi ha visto con l'altro tipo. nel contempo c'era chi aveva preparato e stava servendo un pranzo dalle mille portate. e poi boh…
mi sono svegliata, abbastanza scossa per l'immagine, anzi penso mi abbia più shoccato da sveglia che mentre vivevo virtualmente la cosa…;) Continue reading


congerie?

ho traslocato di fretta, senza impacchettare per bene un anno di bytes. eh sì, potrà sembrare paradossale, ma inizio con un bilancio. anche se non è proprio il primo post, questo, ma non me la sono ancora sentita di abbandonare del tutto il blog che mi ha tenuto compagnia per un anno intero. giuro, non l'ho fatto apposta, ma il primo intervento sulla piattaforma vecchia è datato 22 novembre, 365 giorni esatti in meno rispetto ad oggi.

amo le partenze in media res, ma forse una piccola presentazione per questo spazio virtuale occupato, più o meno abusivamente, ci vuole.

"congerie" è una parola di cui ignoravo il significato fino a poco prima di aprire quello spazio; per caso, ripetutamente, avevo trovato questo termine e, cercandolo incuriosita sul vocabolario, avevo scoperto che:

con|gè|rie
s.f.inv.
 ammasso disordinato di cose eterogenee: una c. di oggetti, di libri | pluralità disorganica: una c. di sentimenti

e subito mi ero accorta come questa definizione mi rispecchiasse e riflettesse anche ciò che scrivevo.
è l'amore per il kaos, per il dis-ordine contrapposto all'ordine coatto ed imperante, per chi e per cosa è al di fuori da questa società grigia, triturante, soffocante ed assassina nella sua indifferenza. l'entropia vista come meccanismo naturale ed inevitabile che sconquassa il potere, i poteri di chi vuole usare l'autorità per imporsi e togliere la libertà che è insita in ogni individuo. pluralità disorganica che avversa le gerarchie, le spiana, le abbatte, ma combatte anche l'omologazione. è il piacere infinito della creazione, dell'autoproduzione, del rifiuto della delega.
ma questo non vuole essere un blog militante, non può esserlo. l'azione "politica" ha senso in quanto profondamente insita ed intrecciata con me, non è una stanza a parte in cui recarmi in momenti altri rispetto alla vita. è il rifiuto della scelta tra mezzi e fini che mi porta su questa strada, forse contorta e non troppo comprensibile per chi si trova a leggere queste righe.
ma non è elitarismo quello che mi conduce ad appunti spesso così criptici, è che, nella noia dei racconti ufficiali e in prodotti mediatici che cercano di raccontare con sempre più falsa oggettività la realtà, sento il bisogno di colorare la verità attraverso le mie lenti.
e, spesso, amo maggiormente dipingere le mie sensazioni, tratteggiare le emozioni, lontana dall'asfissia delle regole sintattiche. distante anni luce da articoli ben strutturati a scopo propagandistico, il caos si riflette anche sull'accozzaglia di frasi che normalmente compongono un post, senza pretesa di artisticità che non sia il ricordarmi ciò che stavo vivendo in quell'istante. e nulla è mai troppo personale per chiudersi nell'ego di una società falsamente individualistica, dove il singolo che si finge interessato solo a se stesso lo fa obbediendo agli ordini (di altri). perciò, qualsiasi contributo, ogni commento e tutti i consigli sono i benvenuti, senza limiti ne' censure.
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AUTORITÀ E STATO MEGLIO DEL TAV?

è novembre ed, in effetti sì, fa ancora caldo. ma di scioperi e manifestazioni non se ne sono viste troppe, con un governo di sinistra è difficile mobilitare i votanti a riversarsi contro la loro scelta. anche se non si è dimostrata buona. e l'altra settimana i sindacati, se da un lato hanno firmato l'accordo con il governo, dall'altro sono scesi in piazza, per far sfogare i lavoratori contro ciò che loro stessi hanno contribuito a creare. oggi, invece, lo sciopero è stato indetto dalle cosidette "rappresentanze di base", cubisti, usi, ait e cobas e vi hanno aderito anche diversi comitati notav che ritenevano una truffa il fatto che i soldi del TFR venissero destinati dall'INPS alle grandi opere, anzichè alle tasche di chi ha lavorato per produrli.
non sto a disquisire sul fatto che per gli anarchici lo stato non ci dovrebbe essere e quindi nemmeno l'INPS o il TFR, ma a maggior ragione ancora, si lotta contro le imposizioni che sicuramente passano dalla costruzione inutile e nefasta delle grandi opere del progresso.
anche per questo, credo, mi ritrovassi in piazza *** sta mattina, in una tipica giornata d'autunno ***ese, con la prima nebbia in periferia e il grigio imperante tra i viali della città.
dietro l'unico striscione nero del corteo, sqatters ***, senza la u. Tav Fatto Rubando, ***, ma questo è un altro discorso.


è vero che a venaus l'anno scorso si sono visti momenti di vera autorganizzazione, di autentica lotta dal basso, di dura azione diretta, di condivisione senza denaro etc, etc. è vero. ed è stato bello. forse differenze ce ne sono sempre state, ma si è cercato di non trasformarle in incompatibilità, si era, forse erroneamente, creduto che gli obiettivi di fondo, benchè espressi diversamente, fossero abbastanza simili. ma non è così. perchè di differenze ce ne sono e forse troppe. e non parlo per sensazioni pregiudiziali. no, no, quelle sarebbe possibile superarle alla luce dei fatti. lo scetticismo nei confronti delle signore ben vestite e dei vecchietti può essere facilmente oltrepassato quando questi montano una barricata contro la polizia, fischiandogli contro. ma diviene triste realizzazione di un presentimento, quando accadono scene come quelle di oggi. scene che davvero mostrano tutta la disillusione necessaria. stiamo camminando lungo corso ***, più o meno, qualcuno, presa una bomboletta spray, scrive qualcosa che deve suonare come "Lo stato uccide No Tav (A)" sulla porta secondaria di una banca. prima ancora che riesca a finire, due o tre agguerriti notav urlano quasi invocando l'intervento poliziesco. vietato scrivere sui muri. e, a maggior ragione, vietato scrivere notav. c'è chi vuole applicare il copyright sul marchio notav, esige l'utilizzo esclusivo, per un movimento "pacifico, democratico, nonviolento", manco poi una scritta su un muro fosse una molotov. e poi aggiunge, quando la discussione si intensifica, "o fate come diciamo noi, o ve ne uscite", vero esempio di frase antiautoritaria. lo schifo continua quando, in prossimità di un incrocio, si urla contro un fruttivendolo che passa in mezzo al corteo trasportando cassette e si chiamano gli sbirri a sanzionarlo. vero esempio di autorganizzazione. se senza stato ne' imposizioni autoritarie la popolazione decidesse di voler costruire il tav, magari non per il progresso capitalistico e nefasto, ma per un'autentica necessità e nel rispetto di chi sulla terra ci vive, (cosa che, tra l'altro, non è), sinceramente a me il tav starebbe benissimo, non avrei nulla in contrario. non è contro il tav che lotto, è contro tutte le nocività sostenute e sostenenti un sistema che mi schifa, è contro i metodi, è contro lo stato, è contro l'autorità. se quindi, nella lotta notav questi elementi vengono meno, sinceramente non capisco più il senso di proseguirla.

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envie: quiero, quiero, ¿que quiero?

uscendo da lavoro, mi trovo a camminare sulla provinciale e mi fermo a raccogliere la sagoma di una foglia che brilla di un rosso vivo controluce. ma, nonappena ce l'ho fra le mani, s'ingrigisce perdendo il colore che mi aveva attratta. eppure, continuo a saltellare felice, guardando i fili verdi del grano che spuntano dal terreno, un po' come peli pubici da depilare. ma non è colpa mia se sono ancora un po' fatta e mi sono risvegliata su un materasso dentro un sacco a pelo. ma quando sono tornata ieri è stato già tanto esser riuscita a srotolarlo, sicuramente non ce l'avrei fatta a cercare le lenzuola pulite.
ho gli ormoni imbrigliati a doppio filo dai neuroni ed ho fatto ciò che non avrei mai creduto. o forse, sì, ho sempre lamentato un'eccesso di razionalità nei momenti sbagliati. eppure, eppure, avrei voluto lasciarmi andare. ne avevo tremendamente voglia. la forzatura è stato l'autoconvicer(ci) per il no e per una volta l'alcol non mi ha aiutato a tapparmi le orecchie ed a non sentire la coscienza che urla di guardarmi intorno prima di muovere un passo. uh, perchè?
voglia che cola, lenta e tortuosa come liquido viscoso. dalle sensazioni amplificate per le erbe di stagione, fumate e respirate fino all'ultimo sorso. la testa vola, ma il corpo non la segue, anche se paradossalmente è lui a volersi imbrigliare con un altro. c'è un abisso tra sesso e amore, e lo so fin troppo bene, ma non posso imporre la distinzione a chi ha la fortuna di vederli uniti. ahh. sorrido amaramente ed immagino nel soffice universo virtuale delle sostanza psicotrope ciò che avrebbe potuto essere. e anche ora, senza mediazione chimica, bramo rodendo. Continue reading


vacuità asettica

 

un cubo di cristallo dalla fragilità immensa, dal vuoto interno più grande dell'esterno che lo sovrasta. niente. cazzate. pensieri un po' più veri, scaglie della mia realtà, ne avrei avute da dire. e ci ho pure provato. avrei avuto bisogno di un confronto, umano. ma serravalle e le gru sono più importanti, dicerie su persone che non sono nemmeno conoscenti. il passato che non avrei mai voluto ritornasse, rieccolo ad inquietare i miei occhi. così da non sapere neanche più dove andare. perdere tanto per trovare poco?  forse trovare molto di più confronto a quello che non mi sono ancora decisa a slegare. quasi soffrissi di schizofrenia e vivessi a giorni alterni situazioni uguali ma speculari. rivedere passarmi davanti esperienze già vissute che, questa volta, avrei ben voluto estirpare dal terreno più profondo. e per una volta, so di non poterci fare nulla. e le mie interiora continuano a marcire infradiciate dai miei pensieri che non trovano altra via d'uscita. ma l'errore, forse, è stato illudermi che fosse diverso. anche se sembra tutto così variegato, la realtà dimostra che non lo è, che un omogeneo grigiore sovrasta ciò che si era erroneamente pensato iridato. superiorità ostententata, ma retta su un castello di carte rosicchiate dalla monotonia. è questa l'unica cosa che devo capire ed abbandonare. incendiare come voiture di periferia.

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nausea di coccodrillo

 

i numeri galleggianti di un tachimetro verdastro, unica luce su una strada illuminata da una luna annebbiata
ormai è abitudine. esperienze già vissute che ritornano, ma che sembrano quasi essere ogni volta delle immagini indite. un film che varia nei particolari, ma resta immutato nella trama, eppure, chaque fois, acquista una dose maggiore di piacere, perchè il tuo ruolo si avvicina sempre più a quello della protagonista. la comparsa-tappezzeria della prima puntata sta lottando contro se stessa per staccarsi dal muro ed entrare nel gioco, e, strano ma vero, ce la sta facendo.***. di cose assurde ne capitano, neanche fosse una pellicola surrealista. ma la vita non è un film, una metafora non rappresenta direttamente la realtà. è molto più e molto meno di cosa ci si aspetta, contemporaneamente. e mi chiedo perchè qualche volta, non potrei, in una cucina fumosa dai muri in cui improbabili animali, ritagliati nell'intonaco, ti scrutano, chiudere gli occhi e fermarle un po' più sulle mie, quelle labbra. ma è meglio così e me ne esco in una notte fredda, in cui le luci ondeggiano.

 

 

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aspetta e espera

migrazione in
 
 
corso
 
 

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