opg

vorrei fare una premessa prima di scrivere i miei biliosi pensieri in modo da prevenire la più banale ma incisiva delle obiezioni.
la prendo da lontano: non ho alcuna fretta.
faccio un esempio, per iniziare. leggere i giornali può essere un'esperienza snervante e lo può essere per molti motivi. spesso, accanto agli articoli dei migliori pennivendoli, aumentano la rabbia mini saggi popolari di tuttologi finti sociologi. molti ritengono che la sociologia sia una scienza di merda e, a dirla tutta, non sia neanche una disciplina scientifica. tutti viviamo nella società che i sociologi studiano, dunque tutti possiamo rialsciare dichiarazioni su questo mondo. perfettamente vero, ma una differenza c'è. quando si parla di scienza significa che è stata seguita una metodologia scientifica (sia anche quella delle discipline sociali, diversa dalle scienze esatte). e pertanto, la scienza si differenza da quella che gli antichi greci chiamavano "doxa", opinione.
tuttavia la scienza non è assoluta e non trascendente rispetto alle altre sfere dell'agire umano e chiunque può essere competente negli ambiti normalmente indagati dalla scienza. lo può essere informandosi e studiando, lo può essere quando le questioni toccano non più fatti astratti che portano a dimostrazioni astruse (il teorema della derivata esponenziale del logaritmo dell'integrale di senx), ma hanno a che fare con l'uomo, un oggetto di studio che ciascuno di noi conosce alla perfezione, appartenendo lui stesso alla specie di cui si parla.
ed allora ecco che ha senso l'intromissione delle persone nella faccenda del tav, lontana dall'essere quella decisione esclusivamente presa da chi ne ha le competenze formali. ed ecco che ha senso che persone "incompetenti" parlino di psichiatria. parlare di psichiatria non equivale a discutere di otorinolaringoiatria o urologia, è cosa ben diversa. su un manuale di psichiatria (*1 Michele Torre= direttore dell'istituto di clinica psichiatrica dell Università di Torino, Psichiatria, Utet torino 1977) è ben evidenziato come, contrariamente a quanto avviene per altre discipline mediche, dove la malattia c'è esiste, si vede e se non si vede causa sintomi alla lunga evidenti, e sopratutto agisce a livello somatico,  per la psichiatria si dice esplicitamente "che le alterazioni psichiche causino o condizionino quelle somatiche non è esplicitamente affermato da alcuno" (ibidem pag 186). E ancora " in un buon numero di sindromi psichiche […] l'anatomia patologica non ci da e forse non ci darà mai alcun responso positivo e le ipotesi locatizzatorie dei loro sintomi sono semplici congetture" (ibidem pag 193). ***
E' perciò, come anche "esperti" evidenziano, una malattia alquanto strana. Si legge (sebbene nel paragrafo successivo ciò venga contrastato in modo piuttosto debole) "Questo atteggiamento [il considerare le potenzialità di ogni individuo paritarie], che è l'espressione in campo psichiatrico di concezioni attuali, attribuisce all'ambiente fisico e sociale e soprattutto a quest'ultimo, importanza esclusiva o nettamente preponderante nella formazione della personalità". Il dottorone, pur tenendo in considerazione l'ipotesi non sembra avvalorarla. A questo proposito, facendo però la debita premessa di una distinzione tra "sofferenza mentale" (la cui esistenza è innegabile) e la "malattia mentale" (vista quest'ultima come etichetta da attaccare su un individuo marcato in modo definitivo), è utile citare un "esperimento" compiuto da un ricercatore sociale. Il sociologo Rosenham era "convinto che le categorie sociali di salute e malattia mentale poggiassero solo in misura ridotta su dati obiettivi e che, in molti casi, l'attribuzione a un individuo dello status di malato fosse perlopiù una costruzione sociale" (*2 da Mario Cardano, Tecniche di ricerca qualitativa Roma Carrocci 2003 pag 41 e ss.). Perchè la convinzione non rimanesse una congettura teorica decise di compiere un "semi-esperimento": cercò otto collaboratori (uno studente, tre psicologi, un pediatra, uno psichiatra ed una casalinga), perfettamente sani, che, distribuiti in diverse città degli Stati Uniti, chiesero di farsi ricoverare in ospedale perchè "sentivano delle voci". Questa, con la dichiarazione di una professione diversa da quella svolta, era l'unica bugia degli pseudopazienti. Raccontando la loro vita si attennero alla realtà e il comportamento tenuto fu del tutto "normale". Furono tutti e otto ricoverati con la diagnosi di "schizofrenia". Ma l'esperimento non si ferma qui: nei mesi successivi, comunicò all'equipe ospedaliera che avrebbe introdotto in incognito degli pseudopazienti, ebbene, senza immettere alcun collaboratore nell'ospedale, su 190 pazienti ammessi 45 vennero dichiarati simulatori! Sembra che la partita Rosenham/Torre si sia conclusa 1:0.
Inoltre emergono simpatiche considerazioni dai consigli pratici che il dottore da ai futuri specialisti. Nel capitolo III del volume "esame clinico psichiatrico" emergono aspetti davvero inquietanti. Tralasciando la descrizione dell'introduzione sulla semeiotica medica (la procedura con la quale giungere alla diagnosi), leggere il paragrafo dedicato all'"anamnesi personale" mi ha fatto davvero pensare.
Cosa tener conto per considerare il paziente pazzo?
a) il profitto scolastico (*3 pag 199) "[…]rapidi scadimenti del rendimento scolastico nell'adolescenza possono essere remonitori di gravi psicopatie" eh? che magari uno non abbia più voglia di studiare perchè ha capito che c'è anche dell'altro in questa vita, no, eh??
b) "Nel periodo puberale e postpuberale […] deve essere indagato se in questo periodo vi è stato un eccesso di fantasticheria, di emotività, di impulsività, di timidezza o apatia" si commenta da solo!
c) "Un'indagine sull'attività e sul comportamento è sempre utile e talora di grande importanza", "una masturbazione sfrenata senza ritegno ne' pudore può essere un sintomo di schizofrenia"
d) (AIUTO) "Un regolare adempimento del servizio militare è buon indice di sanità fisica e stabilità psichica"!!!
e) Lavoro
Scusate, ma mi sembra davvero che tutto ciò abbia ben poco a che fare con un'analisi medica! sembra decisamente più un inquadramento sociale: se non rientri negli schemi prefissati (non vai bene a scuola, non hai una sessaulità "cattolica", non fai l'assassino al servizio dello stato, non lavori con senso del sacrificio…) beh, hai buone probabilità di poter essere un malato mentale!
Ci sarebbe da dilungarsi molto di più di quanto mi permettano queste righe,  ma non voglio allontanarmi troppo dall'argomento che mi sta a cuore oggi. Sopratutto ci sarebbe da chiedersi dove voglio arrivare. Si pensa normalmente di vivere in un mondo democraticamente perfetto e massimamente attento all'individuo alle sue esigenze, necessità e diritti. Mi potete dire che, vabbeh, ci potranno anche essere diagnosi azzardate di malattie mentali inesistenti, ma che queste constatazioni sono piuttosto innocue. D'altronde è già passato qualche tempo da quando Basaglia ha deciso di far chiudere i manicomi. E allora? che c'è ancora da dire? Tralasciando questioni del tipo il Ritalin e la sindrome di iperattività che mi sembrano solo tangenzialmente toccare il tema, mi chiedo quanti conoscano il significato della sigla che riporto nel titolo. O.P.G. ospedale psichiatrico giudiziario. Dal '75 in poi sostituisce il "Manicomio Criminale" di Ottocentesca memoria. Ed esiste ancora.
Ieri, nei padiglioni dismessi e fortunatamente occupati dell'ex OPG di Collegno è stato proiettato "Socialmente Pericolosi OPG di Aversa". Un documentario, vero, mandato in onda su rai tre qualche anno fa. Vedere i  muri ora colorati, vedere sovvertita la funzione di quel luogo non può evitare che un brivido profondo e freddo scuota chiunque odi i soprusi, l'autorità e la privazione della libertà. Sono seguite le testimonianze di due persone che sono finite internate, per fortuna loro per un breve periodo, all'interno di diversi OPG.
In nome di una presunta scientificità, vengono portate avanti le peggio torture, i più tremendi soprusi. Circa il 10% degli internati negli OPG sono detenuti "comuni" delle carceri impazziti per il sistema carcerario stesso. Naturalmente a venir messo sotto accusa non è il sistema della detenzione contrario intrinsecamente all'uomo, ma è l'individuo che dovrebbe essere in grado di sopravvivere "sano di mente" alla privazione totale della propria libertà!
Una buona parte di detenuti sono poi quelli giudicati innocenti (sì, proprio prosciolti dal reato) in quanto non in grado di intendere e volere. Sei innocente ma devi pagare con un'istituzione totale peggio del carcere. E' ormai evidente che la mia logica si allontana tremendamente dalla dislogica del potere.
Chi è stato condannato con vizio parziale di mente, beh, è "logico" che venga imprigionato, peccato che tutto il periodo trascorso nell'OPG (assolutamente arbitrario e deciso in base a criteri ascientifici dai medici) non conti come pena scontata, anzi, in tale tempo la pena viene "sospesa" per poter essere riapplicata non appena giudicati "normali". Comunque, il vero pazzo è colui che, internato in un'istituzione totale, torturato, violato nella propria intimità, legato, percosso, privato di qualsiasi libertà non esce fuori di testa, non si ribella, non urla. Senza contare che durante il periodo di internamento, la somministrazione degli psicofarmaci è ampia e spesso contraria alla volontà del singolo. Volendo alterare coscientemente i nostri stati di coscienza si commette reato, non accettare che altri lo facciano sul nostro corpo è un crimine ancora peggiore. Uno dei due tipi che ha trascorso diverso tempo in un OPG ha fatto notare come non solo venga tolta la libertà, ma viene tolto anche completamente il controllo su se stessi. Come è possibile "riabilitarsi" se si viene annientati, come è possibile saper gestire la propria vita (supponiamo anche all'interni di schemi accettati socialmente) se nel periodo di cura questa viene tolta? Ho letto per caso, una volta che una vecchietta l'aveva dimenticato sul mio tavolino, il bugiardino dello Xanax. Xanax, gocce o compresse che viene ampliamente usato da buona parte della popolazione, insieme a Lexotan e Tavor. Non un vero e proprio psicofarmaco, ci mancherebbe, ma pur sempre qualcosa che ci assomiglia molto. Ebbene, leggere il suo foglietto di istruzioni mi ha lasciato davvero contraddetta, visti i numerosi effetti collaterali. E' forse un ragionamento azzardato credere che se uno psicofarmaco così "blando" e diffuso abbia tali effetti, sostanze ben più pesanti porteranno a conseguenze peggiori?!
Come è possibile "curarsi" in una situazione continua di soprusi, paura, terrore, angoscia, rabbia? Se non si è malati lo si diventa, se lo si è sicuramente non si migliora. Sempre che ci sia bisogno di guarire e occorra davvero rientrare nei binari imposti all'interno di cui non si è malati di mente.

*** scusate, ma mi viene in mente Cesare Lombroso e compagnia bella che giudicano la delinquenza come malattia mentale e pertanto riscontrabile somaticamente nelle dimensione dei crani!
eh, da dan…neanche farlo apposta leggo ora com'è nato l'opg di Aversa:
"Virgilio, celebre alienista e fedele seguace delle teorie lombrosiane, già direttore del manicomio civile di Aversa "S. Maria Maddalena" dal 1863 al 1904, aveva qui iniziato i suoi studi sul parallelismo tra malati di mente comuni ed alienati delinquenti, studi resi possibili in quanto il manicomio civile da lui diretto era l’unico manicomio in tutto il Regno che accoglieva malati di mente, autori di reato."

http://www.opgaversa.it/Home_Page/frame2.htm

 

 **** Le note sono messe alla cazzo, comunque in linea generale la bibliografia striminzita è la seguente

M. Torre Psichiatria Utet Torino 1977

M. Cardano Tecniche di ricerca qualitativa Carrocci Roma 2003

C. Sabatino Oltre ogni immaginazione  Autoproduzioni A'rraggia Napoli 2006

Socialmente Pericolosi- OPG Aversa

Dibattito sulla psichiatria Mezcal Occupato Certosa Irreale 2 marzo 2007 

 

Ulteriori informazioni possono essere reperite:

ttp://www.ecn.org/filiarmonici/opg-00.html

http://www.odioilcarcere.org/index.php?option=com_content&task=view&id=102&Itemid=2 


3 Responses to “opg”

  • congerie

    http://www.informa-azione.info/carceri_altro_suicidio_opg_aversa

    fonte ansa

    Un internato di 50 anni si e’ impiccato, il terzo in 6 mesi

    ROMA, 13 APR – Un internato di 50 anni si e’ suicidato la scorsa notte nell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa. Ne da’ notizia Dario Stefano Dell’Aquila, presidente dell’Associazione Antigone Napoli. L’uomo era detenuto per oltraggio a pubblico ufficiale. Da poco gli era stata prorogata la misura di sicurezza. Si e’ impiccato e quando e’ arrivato al pronto soccorso ogni tentativo di rianimarlo e’ stato inutile. E’ il terzo suicidio nell’ultimo semestre ad Aversa.

  • Linus

    Post davvero profondo, seguito da un commento informato. Sicuramente il concetto stesso di sanità, laddove collimi con quello di conformità (sempre storica e politica, questo è scontato), è gravido di violenza, tra l’altro arbitraria come tutte le violenze istituzionalmente giustificate.

    Il problema della sofferenza psichica, quando lo si vuole ridurre nei termini di una definizione di sanità, diviene malattia. Ha sempre fatto comodo manipolare il concetto socialmente accettato e politicamente normativizzato di salute psichica. Non a caso i totalitarismi, e molte cosiddette democrazie, hanno fatto e fanno uso di sistemi d’internamento psichiatrici.

  • spiff

    Basaglia non credeva che la follia non esistesse- che si potesserro risolvere le contraddizioni della condizione umana che essa faceva emergere in una pura e semplice negazione ideologica.

    Il punto da considerare era invece, per lui, la faccia politica e sociale della “malattia”: cio’ che di questa sofferenza umana facevano insieme e il capitale e l’ organizzazione scientifica funzionale.
    Diceva che nella societa’ borghese ci si ammala sempre secondo una precisa definizione politica: ovvero secondo una determinata distribuzione del potere sociale.

    Sono le significazioni sociali immaginarie dominanti come quelle di produttivita’, lavoro, profitto a istituire, per negazione, il loro rovescio. Sono le “istituzioni” corrispondenti a regolare ed organizzare produttivamente attraverso la definizione scientifico-medica le contraddizioni sociali, umane e individuali che esse non possono non ri-produrre in un oggetto di autoriparazione.

    Il capitalismo non puo’ non produrre la guerra, non puo’ non produrre la sofferenza umana ed individuale ma esso trova al suo interno abbastanza risorse per trasformare queste contraddizioni sia in termini brutalmente produttivi(organizzazione tecnologica, organizzazione medico-scientifica…profitto) che ideologici( il pacifismo, la carita’, lo slancio solidaristico, la morale che nasce sul sangue degli innocenti).

    L’ industria dei buoni e’ in fondo il contrappeso spettacolare dell’ industria della morte fino alla salvezza edificante di un singolo bambino nello sterminio di massa.
    Non c’e cura che non sia violentare nell’ apparenza della solidarieta’ e non c’e tortura se non nell’ illusione della ricerca della verita’.

    C’e una sottile pellicola di immagini e significazioni immaginarie sociali a coprire il non senso assoluto dell’ esistenza e nell’ arbitrio assoluto di qualsiasi istituzione sociale.
    La psicoanalisi o la psichiatria descrivono in interminabili descrizioni analitiche gli incidenti di identificazione nei ruoli sociali.
    Dimenticano di spiegare la totalita’ sociale, economica, politica, umana e di esplicitare la la sua assoluta arbitrarieta’.
    Studiano le conseguenze di un tessuto della vita senza mai discuterlo.
    Accettano lo sfruttamento come un dato incontrovertibile e la loro cattiva coscienza percio’ non puo’ non finire nello specialismo, cioe’ nell’ astratto, nella separazione che fa’ l’ effetto della morfina. Anche la la falsa coscienza del bene e del progresso reclama il suo anestetico.

    Purtroppo per quanto sia affilata qualsiasi critica del sistema resta nient’ altro che una critica. Qualcosa di chiuso nello spazio del pensiero.
    E invece la critica dovrebbe poter disporre del sostegno e del supporto della vita in una forma collettiva, cioe’ capace di incidere concretamente nei rapporti sociali esistenti.
    Ma oggi le ragioni della follia sono le ragioni di un mondo milgiore frantumate,sparpagliate nella sofferenza dei singoli e nella loro rabbia impotente.

    Il pensiero critico fuori dalla sua realizzazione pratica( e per essere pratica questa realizzazione deve possedere una forza sociale, capace di cambiare contesti e condizioni)oppure sfinirsi nella teodicea, nell’ edonismo piu’ o meno impegnato dei militanti che sublimano le loro frustrazioni sociali nell’ antagonismo politico( cioe’ ancora una volta partecipano allo spettacolo).

    Follia e’ la solitudine, la prigione sociale, il carcere mentale comminato dai padroni ai servi che non ci stanno, che si agitano, che si scavano tra la carne e nella mente alla ricerca della vita.