martedì 27 febbraio 2007
🙂
respiro l’aria limpida
boccate di gioia sui prati verdi
lo scuro se n’è andato, lasciando rosa e azzurro specchiarsi nella mia mente
sorrido mentre saltello
sono felice
guardo una luna trasparente sullo sfondo chiaro e qualche ramo attorcigliato che la copre
canticchio mentre lo stereo manda a palla ma quant’è bello far l’amore
il prof che mi guarda storto mentre lascio l’aula prima del tempo, i viali dal pullman contornati d’alberi quasi fioriti che portano direttamente alle montagne
mi prendo cinque minuti per sfuggire in anticipo dal lavoro ma non riesco a non chinarmi per annusare le violette
la finestra aperta e sembra già estate, ma l’aria è frizzante
mi preparo a vendere libri o a servire qualche piatto…chissà
sabato 24 febbraio 2007
è passato così poco ma già sembra un’altra epoca
raddoppiare le ore di veglia portandole a scavalcare i limiti delle ventiquattrore giornaliere dilata la massa del tempo che mi sembra trascorso
o effettivamente mi manca chi l’altra settimana c’era ed ora è nascosto dietro chissà quale intrico di pensieri indecifrabili ai miei occhi
restare sveglia accanto ad una griglia per prevenire una manifestazione fascista, antifascisti antiautoritari, senza chiedere nulla al questore, perchè ordini ed imposizioni mi schifano comunque, senza delegare, perchè agire in prima persona per autoprodursi soluzioni di libertà
ed essere sgomberati, perchè se i fasci non hanno avuto il coraggio di avvicinarsi, per gli sbirri è semplice mascherarsi dietro uno scudo ed una divisa per tirar calci alle tue cose, gettare libri a terra e lasciare posto ai fascisti.
ho gli occhi irritati dalla mancanza di sonno, ma la testa non è così annebbiata, non ditemi che nella libertà deve esserci anche il diritto di manifestare per i fascisti. questa è la semplificazione più becera del pensiero benpensante, che si maschera dietro la presunzione di una fittizia posizione superpartes della democrazia per avvallare i peggiori delitti. perchè chi non è contro è pro, “anche se vi considerate assolti siete lo stesso coinvolti” cantava De Andrè. e chi non fa nulla davanti al fascismo, lascia che la merda su cui si basa dilaghi, ne è complice.
venerdì 23 febbraio 2007
alloro
ci sono persone che si costruiscono attorno un contenitore grandissimo e luccicante, l’obiettivo della loro vita è strofinarlo il più possibile per raggiungere il massimo della lucentezza. attaccarci lustrini fuori non impedisce che l’interno si svuoti, che diventi insipido e apatico come solo il vuoto sa essere.
e ce ne sono altre, invece, che non si curano minimamente del cubo brillante da mostrare agli altri, il risultato è che sono quello che davvero sono, trasmettono la genuinità dell’autentico, la forza della semplicità, il sorriso vero, senza mediazioni, senza l’ipocrisia di chi si affanna a mostrarsi per quello che nemmeno è. vedere le persone con uno strato in meno, libere dal quella sporcizia apparente che si appiccicano addosso con l’intenzione di imbellettarsi.
oggi sono andata ad una laurea di una mia amica, ed è stato bellissimo vedere quanto risaltasse per semplicità rispetto agli altri, che differenza ci fosse da chi si nascondeva dietro un guscio insipido di formalità. parenti ed amici, ma senza quei tailleurs e tacchi alti che con la cultura c’entrano ben poco, quei fotografi nemmeno fosse un matrimonio, quegli eccessi di fiori e baci da chi, magari, prova solo invidia.
quando (ed un se scaramantico) ci arriverò, neanch’io voglio lustrini e scintillii anche se farà strano con amici che si mischiano in questo mio universo bislacco.
giovedì 22 febbraio 2007
nero su bianco
mi chiedo se sia l’incredulità che colora di un’aura onirica i contorni del reale
mi domando da cosa dipenda la sfumatura con cui sono dipinte nella mia mente le immagini di alcune ore, un ricordo dalla consistenza di una nuvola, così trasparente e leggera, da chiedermi se davvero c’è stata
vedermi quella testa dai capelli scuri con la lingua ad attorcigliare i miei piccoli capezzoli sensibili mentre le mani gareggiano nel tunnel del piacere, quegli stessi capelli tra le mie gambe ed i gemiti che non riescono a cessare anche se una luce passa, fuori. un respiro caldo accanto ritmato sempre più veloce interrotto solo dalle lingue che si impastano vicendevolmente. scavare tra gli strati delle tshirt fino a raggiungere la pelle, sbottonare i pantaloni e togliere una cintura. cercare attorno alla peluria soffice il caldo deciso del tuo complementare e lasciare che sotto la mano si liberi nella sua forza fino ad aspettare che esploda viscosamente tra le dita ed il polsino. gambe più magre delle mie, ma ricoperte da un tappeto morbido che le scurisce. e poi il freddo che fa ritirare su le mutandine nere che mi ero sentita sfilare pian piano nell’enfasi. richiudere i pantaloni e le zip, dimenticare solo un reggiseno slacciato sotto alla canotta.
come le altre volte, mescolo la piacevolezza all’oblio, arrivo a farne un melange con i sogni, in modo tale da non riuscire mai a fermare le sensazioni con chiarezza sulla mia mente, non riesco mai a ricordarmene così bene da esserne saziata, da non continuare a sentirmi incompleta ed aver voglia di riniiziare per arrivare ad urlare per il piacere.
ma per una volta, mi accontenterei anche di un contatto che non sia necessariamente fisico, di qualcosa di più o di meno, a seconda di come si consideri il rapporto tra psiche e corpo (ammesso che non sia un continuum).
e mi mangio le dita perchè non capisco il rapporto di causalità che muove i neuroni contrassegnati da un’y nei cromosomi e forse è proprio questo che ne costituisce l’attrazione che provo.
mercoledì 21 febbraio 2007
avvolgersi
ripercorro i chilometri che mi separano dalla città lenta sotto l’impulso veloce della mia pedalata
nelle narici l’odore forte del muschio di fiume
quel sapore che mischia infanzia e natura
il sole splende, ma ancora tenero, velato dalla lente di un febbraio caldo
e non riesco nemmeno più a sentirmi sola, benchè, forse io continui ad esserlo e le mie inquietudine troppo spesso sono le uniche a tenrmi compagnia
ma è bello vedere la lenta trasformazione in amici di chi avevi incontrato per cambiare il mondo
lunedì 19 febbraio 2007
paranoia…ra due b i a
paranoia ra duebbi ia
poche le scelte chiuso nella gabbia
devo sfondarla
io non la sopporto addosso
faccio tutto ciò che posso ma lo faccio adesso*
blog senza cura, necessita grafomane di appuntare dietro un’ombra i miei pensieri
solo davanti ad uno schermo, involontariamente incollonnati in relativo ordine binario posso tentare di non annegarci dentro
*H.C. Conflitto Assalti Frontali
più basi, ma con la lingua
felice ed illusa, consapevole che fosse così
e leggere i cartelli appesi al collo della gente, che, armata di pennarelli, rivendica, finalmente, la voglia di abbattere la delega, capisce che una scheda in un’urna è una sconfitta, non una conquista
e, se l’italiano non ha ancora spazzato via la lingua cantilenante di quelle terre c’è chi si appunta
anche “più basi, ma con la lingua”, perchè i baci sì, ma le basi militari proprio no
ma leggere di baci non può non rispedirmi a qualche ora prima, al motivo per cui mi trovo a crollare stanca ad ogni passo, alla ragione per cui il letto non l’ho neanche visto prima di partire
è strano, ma mi è successo così poco di vedere nascere nelle settimane i giochi di sguardi, di carezze, piano piano, impercettibilmente conoscersi
e finire abbracciati mezzi spogli al freddo, giocando con i vicendevoli piaceri, dover lavare una felpa, stellata di bianco
e prima nell’angolo di una porta, tra imbarazzo e soddisfazione ad ogni apertura, e su una sedia a cavalcioni, guardando con insensata invidia lo specchio delle nostre azioni
la barba scura corta che quasi non si sente anche se sfrega
e mi chiedo se non è stato un trip, se nella tequila sunrise non ci fosse allucinogeno. ma no, quella manica sporca è inequivocabile segno della realtà, la stanchezza che mi ha intaccato le ossa per essere passata senza un’ora di sonno ai chilometri della manifestazione ne è una prova.
perchè, seduti ad un tavolo a poca distanza, mi taglia come una lama quello sguardo distante e perso, quella lontananza che pare chilometrica, anche se le pizze sono l’una di fronte all’altra. i capelli che mi sembrano cresciuti, o forse è solo un riflesso del tempo che mi sembra trascorso. e non riuscire a capire, perchè non è nemmeno la prima volta che accade ed avrei dovuto preparami, lo sapevo, ma non avevo difese. ho voluto giocare tutte le carte e nella vittoria mi sono trovata nuda senza scudo. e appannare le lenti con le lacrime, non riuscire a fissare lo schermo di un film degli anni settanta, doversene andare per mascherare le gocce dagli occhi calde sul viso.
vedere i semafori come stelle perchè il riflesso degli occhi umidi me li frastaglia. ed è la stessa auto, rabbia verso di me che, questa volta, non ho saputo resistere, e lo so che non sono stata io a scolpire nella mia testa i pensieri. e se ci penso nemmeno mi piace, un po’ caricatura di bambino, ma non posso fare altrimenti.
lunedì 12 febbraio 2007
stronzo bastardo
e se invece no, se c’è qualche stronzo fottuto bastardo del cazzo che c’ha pensato lui a gettare i presupposti ed alimentare il fuoco per poi versarmelo addosso, non mi resta che cercare di spegnerlo con le lacrime.
odio. possibile che non si può essere in grado di orientare coerentemente le proprie azioni nel giro di 24h (ed anzi meno)??!
stavo facendo il mio caffè che non saliva nella vecchia caffettiera enorme. ero soddisfatta per l’aver dato una mano concreta in quella che mi sembrava sempre più casa. ed avevo visto un’ombra in salotto, ma l’avevo voluta lasciar tale, quel braccio attorno ad un altro collo mi era stato sufficiente per non soffermarmi sul cappuccio che troppo mi aveva distratto. ed ero rientrata sotto la cappa dismessa ad armeggiare con la cucina industriale. Chi cazzo ti ha detto di entrare per venirti a scusare? Chi cazzo ti ha detto di venirmi a parlare? perchè? e perchè hai fatto di finire sotto gli sguardi di tutti per sei ore su un fottutissimo divanetto stile chillout? Chi cazzo ti ha fatto muovere le mani, fottuto bastardo? Eh? io non ho chiesto nulla, così come quando, trasognata di ritorno dall’estate, chiacchieravo di futuro nel tepore di una sera di inizio settembre senza rompere i coglioni a nessuno. e chi minchia ti ha fatto avere il bisogno di venirmi a cercare tutte le volte che l’hai fatto, quando i miei pensieri erano da altre parti? chi cazzo ti ha chiesto qualcosa, foss’anche solo un sorriso o un abbraccio. stronzo. e allora perchè nel giro di ventiquattrore sei capace di starmi vicino ignorandomi? senza degnarmi di uno sguardo, mentre le lingue pungenti indagano lo stato di salute della nostra serata precedente. solo una cosa: VAFFANCULO a te e a me che so di ricascarci, casomai ce ne fosse l’occasione.
domenica 11 febbraio 2007
soffice tortura
una stufa calda ed attraente
ma tanto il freddo non c’è più
un abbraccio e qualcosina di più
vodka lemon o whiskey cola
tante carezze, troppi incroci di mani sguardi e dita sotto i vestiti
ma bocca troppo asciutta senza neanche un bacio
capelli scuri accarezzano le guance
un chiloom che passa, ma non è quello che mi fa dimenticare il proposito di chiudere i neuroni ad ogni altra serata morbida a vicolo cieco
è l’illusione che si ricrea come il fegato di prometeo
è una costruzione mediata da voci di corridoio che fermentano in direzioni sbagliate i miei pensieri già corrotti dal desiderio
è la mia debolezza ad un abbraccio stretto ed ad una voce ruvidamente piacevole che ritorna dopo non avermi neanche degnato di uno sguardo
sarò io che non capisco, ma perchè tutt’attorno appare così semplice, così rosa ciò che si traduce invece nell’incertezza elettrica in un’auto gelata?
lunedì 5 febbraio 2007
“continuando si perchè, ci piace farci male”*
il sale delle lacrime volate via solca le mie guance secche
è incredibile come io abbia una corazza che non mi fa scorticare quando so che non rivedrò mai più quegli occhi, quel corpo con cui ho fatto sesso e lascia trapelare come una lama affilata nella carne qualche semplice carezza.
lo sapevo, solo che un conto è sapere di essersi forse illusa, un altro è sbatterci la faccia contro, trasformare naso e labbra in una pozza di sangue, sentire le ossa scricchiolare man mano che i presentimenti negativi ti scorrono, reali, davanti agli occhi. e poi sperarci ancora, giocando a farsi ancora più male, perchè un inizio roseefiori andrebbe contro tutte le leggi di Murphy e della fisica.
e mettere in dubbio il mio posto, perchè in fondo non ho mai capito dove fosse, quale fosse quello giusto, ammesso che ne esista uno.
sento il freddo della solitudine in un inverno caldo e senza ghiaccio, la brezza tiepida che mi aveva accarezzata si è trasformata in una corrente gelida che mi raffredda la schiena.
e io ci spero ancora…
* Arsenico To HC – La nostra storia – Nottide 2001