all’ombra della luna, lascio aloni pieni sul cuscino bagnato.
Alterno scoppi di risa, voglia matta di saltellare sfrusciando davanti allo specchio alla disperazione di una notte senza buio.
Down così naturale da essere inconcepibile e da lasciar vedere una fuoriuscita dal tunnel solo con una talpa chimica. Un giorno semi diva nella luce calda di una camera ritrovata nel farmi piacere ed un altro, verme che striscia sulle lenzuola nei rumori notturni. Mi lancio nell’arrampicata di salite dall’orizzonte illimitato nel tentativo illusorio di stancarmi per cadere addormentata. Ma non riesco nemmeno a trarre un po’ di fiducia in me stessa arrancando nelle necessarie fatiche della vita che se ti va bene puoi ammirare la via lattea riflettersi e brillare come lucciole su un lago alpino. E tra la nebbia e il calore, mi sfinisco nel piangere o nell’ingurgitare una pastiglia che non voglio, per poi lasciarmi cullare dal ripetersi di un documentario d’etnologia e montagne.
E se persisto nel pedalare dolcemente lungo i pendii aguzzi, arrivo fino in cima, tra il fresco degli alberi e del muschio che spunta dai rigagnoli. raggiungo una casa dove doccia, parole e cibo mi aspettano sotto la pergola d’uva e al chiaro rossastro di una luna che spunta tra colline e cinghiali. Mi abbandono nella nebbia illuminata ostinandomi a riempirmi il bicchiere, vuotare la bottiglia e consolidare il mal di testa per oggi. l’eco di una telenovela si ripercuote in tutta la vallata, facendo vibrare castagne e nocciole, ma lasciando intatta la mia contemplazione. Mi rendo conto che non sto nemmeno male, posso voler poco di più dall’andare sulle onde delle mia ginocchia raggiungendo orizzonti dove profumano petali diversi. E anche oggi, è troppo facile credermi felice medusa dai tentacoli variegati, resta ancora da vedere senza il sobbollire acre di un pentolone nero.