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effervescente vellichio

come delle volte chiudo gli occhi in un sognante sonno sveglio (un minuto appena basta ad accarezzarmi in un calore languido dall’infinita apparenza) e il soprassalto dolce dell’apertura delle palpebre pesanti si accompagna al formicolio dell’arto su cui mi appoggiavo a guisa di morbido cuscino, in quest’occasione, senza troppi appanni a velarmi il duro susseguirsi dei giorni, mi sento formicolare tutta, titillata dallo scorrere del sangue nelle arterie. fino all’ultimo capillare, sento la tensione dolce di un ipotetico blocco di partenza sul quale mi allaccio senza tuffarmi. non so se io non voglia guardare in faccia la realtà e goda di un masochistico permeare nell’immutabile scontentezza o, al contrario, io distilli piccoli piaceri da tutti i pori, senza creare scompigli troppo dolorosi per tutti.

e, sicura di nulla, aspetto, mantenendo unicamente la certezza di provare un immenso piacere nel condividere ore e cose. mi sottometto alla prova della “maledetta primavera”, per chiedermi a chi corrisponda il te a cui penso.

variopinto variegato incerto brulichio di sensazioni che attendo che passino, come i treni sui binari bloccati dalle barricate in fiamme. e siccome le rotaie verrebbe voglia di vederle invase da una moltitudine ancora più grande del centinaio di incappucciati che, sotto il plumbeo cielo grigio di fumo, lacrimogeni e nuvole, solcano la massicciata, esito un po’ a lavarmi via pensieri che non portano lontano. o che, forse, mi allontanano troppo nell’inverosimile di futuri improbabili.

fremo e lascio aperte porte e finestre, sperando che tra il vento gelido e gli spifferi taglienti, si infiltrino farfalle e scirocco.

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