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trascrizione di elucubrazioni faticose

noccioli di ciliege e cenere, scroscio d’acqua e rane che gracidano

ma le cicale non cantano senza che le formiche lavorino

aloni bagnati sul foglio sono gocce di temporale che cadono dei miei occhi e dal mio malessere che riaffiora non appena la temperatura si abbassa e il mistral soffia, cancellando il caldo dell’asfalto su un parcheggio di un supermercato. Il sorriso del suonatore di fialrmoniche, il buongiorno delle mammine isteriche dépassées di un quotidiano che non voglio essere il mio. forse tremo sotto le palpebre che punzecchiano, ma respiro a grandi boccate potendo decidere come accostare idee e voglie in un ordine non ben definito. come foglie di ipomea avvizzite dall’arsura temporale di qualche ora senz’acqua, ho bisogno di credere in quello che faccio ogni istante per non accasciarmi in un pianto che disperatamente vorrei nascondere come se non esistesse. rigiro le parole che sento fino a farmi male, e sono restia a vole vivere impregnata dell’altrui gioia.

anche in un’impasse si possono incontrare persone e creare sensazioni e costruzioni, ma forse sarebbe meglio fare retrofront e alleggerire gli orizzonti dai muri in parpaingt che bloccano la strada. per cambiare direzione non sono i dubbi ma le certezze a pesarmi, illusa che cambiare il paesaggio dalla finestra cambi la realtà che ci sta dietro. e che sia come la riga bianca della strada che scorre con il fare le fusa di un motore scoppiettante.

non calcolo i giorni senza scendere in piazza, sporcarmi le dita con colla e vernice, quel fremere nell’attesa; eppure non è perché abbia perso il conto del tempo in una marea dolciastra che mi offusca la vista dalle immagini angoscianti. anzi, i mulini a vento del mio timore si ergono ombrosi sul mio schermo e , ogni qual volta si mischiano alla realtà, fuoriescono per scalfirmi con le loro aste guarnite di bandiere. non sono mai stata esule dalle mie angosce, portandomele appresso in forme diverse, mi fanno gridare dibattendomi in un sogno che ha assai poco di onirico. perché fuori, attorno ad un lago con un cigno, incapace di trovare facilmente l’argomento, non ho voglia di andarmene ma restare richiede una fatica dura da sopportare

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