preparo le valige senza riscaldare il motore, concentro poca tela in uno zaino ridotto, senza timori su cosa mi potrebbe mancare. tanto so che non entrerebbe tutto tra gli allacci, né servirebbero metri quadri per poterlo trasportare. ma spero di poterne trovare un pezzetto, sotto un cielo un po’ meno ingrigito e di fronte al mare. mi preparo a valicare con un passaporto un confine che ho attraversato a più riprese, sotto la neve soffice senza sopraffarmi dalla preoccupazione, mentre manganelli e ricetrasmittenti mi passavano vicino, senza che riuscissi minimamente, nella luce accecante di un autobus accesa all’improvviso, a ostacolare lo scorrere dei controlli o nei sedili caldi di un successo talmente aspettato da sembrare scontato. con rara leggerezza penso a tutto quello che mi resta da fare, senza vedere il limite della terza decade. è da dieci anni che scaldo il cuore con lacrime, incertezze, qualche pazzia, soddisfazioni sparpagliate, attriti e altri battiti vicini. conto di continuare a farlo, scegliendo migliore combustibile.
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