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lunedì 7 maggio 2007
sparta
ho sempre odiato la matematica perchè non riuscivo a capirla
ora mi accorgo, in una notte limpida di luci lontane, di non capire tante altre cose senza riuscire ad odiarle…forse mi è addirittura più facile scagliarmi contro ciò che capisco fin troppo bene, banalmente il belligerante machismo di un’americanata che non può far null’altro che ridere
continuo a macinare chilometri perchè è meglio un tratto di asfalto in più che il vuoto di pareti asettiche senza un sorriso che non sia tirato e dovuto ad una battuta amara
un rum e pera che mi impedisce la conversazione su un tavolino d’acciaio pulito che per fortuna non lascia stampigliare nella mente momenti inutili
una fermata di bus alla undici di sera, navigando in un asfalto caldo, tra i volti di una città che per davvero non sta mai ferma, anche se c’è chi ruba da bastardo un cellulare ad un barbone. certo, lui non li avrebbe mai chiamati gli sbirri, ma nemmeno io che ho la pelle bianca e le gambe relativamente veloci.
ed ancora, un individuo che scavalca una staccionata, ed anche se orami l’effetto calmante di buon thc è lontano, non riesco ad impanicarmi più di quanto non faccia abitualmente.
non so più dove stare, mi alzo con un sorriso alla sei di mattina guardando il cielo dipinto di rosa ed azzurro, pedalo tra gaggie ancora fiorite e qualche altro profumo, mi ricordo della prima lucciola di un maggio sinora freddo ed umido. ma l’altro emisfero è perso tra i rimasugli di un sogno strano, che non vorrei mai si realizzasse, anche se forse sarebbe uno dei metodi per iniziare a capire qualcosa.
ora mi accorgo, in una notte limpida di luci lontane, di non capire tante altre cose senza riuscire ad odiarle…forse mi è addirittura più facile scagliarmi contro ciò che capisco fin troppo bene, banalmente il belligerante machismo di un’americanata che non può far null’altro che ridere
continuo a macinare chilometri perchè è meglio un tratto di asfalto in più che il vuoto di pareti asettiche senza un sorriso che non sia tirato e dovuto ad una battuta amara
un rum e pera che mi impedisce la conversazione su un tavolino d’acciaio pulito che per fortuna non lascia stampigliare nella mente momenti inutili
una fermata di bus alla undici di sera, navigando in un asfalto caldo, tra i volti di una città che per davvero non sta mai ferma, anche se c’è chi ruba da bastardo un cellulare ad un barbone. certo, lui non li avrebbe mai chiamati gli sbirri, ma nemmeno io che ho la pelle bianca e le gambe relativamente veloci.
ed ancora, un individuo che scavalca una staccionata, ed anche se orami l’effetto calmante di buon thc è lontano, non riesco ad impanicarmi più di quanto non faccia abitualmente.
non so più dove stare, mi alzo con un sorriso alla sei di mattina guardando il cielo dipinto di rosa ed azzurro, pedalo tra gaggie ancora fiorite e qualche altro profumo, mi ricordo della prima lucciola di un maggio sinora freddo ed umido. ma l’altro emisfero è perso tra i rimasugli di un sogno strano, che non vorrei mai si realizzasse, anche se forse sarebbe uno dei metodi per iniziare a capire qualcosa.
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