mi raffreddo repentina nel cicaleccio di grilli e locuste di un pomeriggio afoso, scontrandomi con l’entusiasmo inarrestabile della goccia che diventa oceano. e io mi immagino la solitudine impaurita del deserto che potrei costruire accumulando i granelli di sabbia che fatico a spingere sotto il sole. raggi che accaldano e prosciugano le lacrime che vorrei versare, come vano palliativo per eliminare la rabbia in eccesso. e me la tengo, smangiandomi, cannibale, pustole e unghie.
ma cazzo, perché non riesco mai a ricordarmi del titolo del blog?