gemme verdi e petali bianchi bucano all’improvviso la cortina di nebbia grigia dei miei pensieri, senza riuscire, però, a spazzare l’angoscia che mi corruga la fronte e pesa sullo sterno. in un decoro di cielo azzurro e profumi di gladioli, non posso neanche dirmi che basta chiudere gli occhi per immaginare che l’inverno della mia testa finisca. perché, anche aprendole, le palprebe, rischierei di essere abbagliata dai neon inutili sulle insegne dei mercanti di schifezze, dai lampeggianti e dalle sirene, dai fari sulla cima dei palazzi e sulle mura delle galere, dalle torce dei vigilantes, dalle alogene sparate delle fabbriche che sobbollono, degli schermi inarrestabili di pubblicità e propaganda. Luci che non sanno far altro che disegnare ombre attorno, y compris nel mio cranio: delimitano, includono e escludono, tranciano bene e male, bianco e nero.
illusa di cedere al piacere delle mie papille gustando un pesto veloce di ortiche, giovane tarassaco, steli di cipolla, menta, scalogno, sesamo e mandorle, mi rendo conto che pesa invece sullo stomaco come una qualsiasi schifezza difficile da assimilare. sfilano troppo veloce i paesaggi mozzafiato, così che mi ritrovo senza respiro e senza estasi. mi gratto senza tregua come se fossi en manque, senza rendermi conto che in effetti c’è molto che mi manca, senza forza di alzarmi dalle coperte sento le formiche nelle dita punte raccogliendo l’ortica e le piccole bollicine che mi irritano i polpastrelli. una strana nausea mi permea
Categorie